Mi è capitato qualcosa di veramente strano, che voglio raccontarvi. Che cosa può succedere ancora di strano, al giorno d’oggi? Stanotte ho fatto un sogno. E cosa può esserci di così strano in un sogno? Tutti sognano, a occhi chiusi, perfino a occhi aperti. Tutti i sogni sono strani, altrimenti che sogni sarebbero? Va bene, dai, sentiamo!
Mi trovavo in una selva oscura, e fin qui, lo so, niente di nuovo sotto il sole, ma all’improvviso è apparsa una caverna nella quale sono entrata non tanto per rifugiarmi ma perché sentivo per un antico istinto che proprio quella era la mia meta. Era una caverna immensa, ma in realtà si trattava solo dell’anticamera. Infatti c’erano numerosi sedili con persone molto tristi sedute ad aspettare, con in mano un numero, ed una piacente segretaria che dalla sua alta postazione smistava questa strana fila di avventori.
In fondo alla caverna due cunicoli, dai quali, a distanza di mezzora circa, così mi dissero, si poteva ottenere un incontro ravvicinato. Con chi? Sulle due entrate erano poste delle targhe fosforescenti che si accendevano a intermittenza, come le luci stroboscopiche di Natale, e vi si leggeva: DIO DEGLI SCRITTORI – DIO DEGLI EDITORI.
La biondona tutte curve con labbra rifatte mi sorrise a trentadue denti e con voce melliflua mi chiese con chi desiderassi un appuntamento. Io risposi che lo volevo con ambedue gli dei, ma lei mi replicò che in questo caso ero tenuta a fare due file. Io accettai e lei mi consegnò due biglietti. L’attesa fu molto lunga, e poiché lì non c’era proprio nulla da fare - nessuna rivista da sfogliare, nessuna televisione da seguire, ma soprattutto nessuna possibilità di chiacchierare con i vicini dato che le sedie erano disposte in fila indiana e un silenzio religioso sovrastava l’aria - non rimaneva altro che rimuginare i propri pensieri o al limite farsi una pennichella, il che in un sogno risulta poco credibile. Ma il tutto era talmente vero da non crederci!
Finalmente arrivò il mio turno e, col numero 1961, fui catapultata nel cunicolo verso il dio degli scrittori, con un paio di occhiali scuri in mano. Una sorta di scivolo infernale mi scaricò, credo, in una stanza, immersa in una luce mai vista prima. Chi poteva esserci dietro quell’immensa scrivania luminescente che si ergeva su montagne e montagne di carta? Il dio Thot in persona? Non ebbi modo di saperlo, la luce era così accecante che solo allora mi resi conto che avrei dovuto indossare gli occhiali in dotazione, anche se con quelli riuscivi solo a intravedere i contorni, delineare i quali in maniera precisa risultava comunque impossibile. Ma per me l’importante era parlare e, avendo solo una mezzora a disposizione, dovevo darmi subito da fare, che cavolo, mica ero andata lì per perdermi nelle mie considerazioni!
- Benvenuta nella Biblioteca del mondo, straniera. Dimmi.
- Lei è il dio degli scrittori! Ma davvero?
- Certo! Perché, ne conosci altri? Ma dammi del tu…
- Non so… Francesco di Sales, patrono di scrittori, giornalisti e editori… però quello è solo un santo. Ma dimmi, dio degli scrittori: sono morta?
- Morta? Ma no, che vai a pensare! Allora anch’io dovrei essere morto. No, no, sei viva e vegeta come me. Io lo sono da secoli.
- Da secoli?
- Io vivo attraverso i libri che sono scritti: più libri vengono scritti più io continuo a vivere eternamente.
- Sarà stato qualche angelo buono che mi ha spinto fino a te, forse si è mosso a pietà della mia pena.
- Perché sei in pena? Racconta.
- La storia è molto lunga, non saprei da dove cominciare.
- Se sei una scrittrice, saprai bene come fare.
- Ma abbiamo poco tempo a disposizione.
- Qui sono io che comando, e poi, non so perché, mi sei simpatica. Tutti quelli che ho incontrato oggi erano incazzati o disperati o arroganti o nevrotici.
- In poche parole, caro il mio dio degli scrittori, o non so come altro chiamarti, io sono una scrittrice, ma non sono famosa, cioè non sono proprio quello che si dice un’autrice affermata, che tira copie a non finire, che vince premi, che appare in tv, sui giornali, che è intervistata…
- Ma cosa vuoi che me ne importi di tutto ciò! Ciò che conta è che tu scriva e che scriva cose belle.
- “Cose belle”! Che vuoi dire, che a te importa solo che le cose scritte siano belle? Ma chi lo decide se sono belle?
- Ma io naturalmente! Altrimenti che dio sarei?
- Quindi, fammi capire, tu leggi tutte le cose che vengono scritte da sempre?
- Certo! A dirla tutta, ho anche delle aiutanti.
- Aiutanti? Non mi dire, aspetta, non mi dire che sono le muse in persona?
- Sì, diciamo che ci sono le muse, ma anche le musine.
- Le musine! Queste non le ho mai sentite nominare. E che fanno?
- Beh, mi aiutano a leggere e… mi fanno compagnia! Io, sono pur sempre un uomo!
- Ma quindi tu mandi le muse a ispirare i poeti, gli scrittori, come ai tempi di Omero, di Dante, di Shakespeare?
- Sì, oggi lavorano più di prima, perché, come ben sai, molto è stato scritto ed è sempre più difficile ispirare l’originalità, la bellezza, l’armonia. Certo, loro fanno un lavoro di input, poi sta a chi scrive coltivare l’idea o l’emozione. Insomma, darci dentro!
- Quindi tu sai anche di cosa scrivo io?
- Beh, adesso pretendi troppo, dovrei consultare il mio archivio, nel labirinto infinito della mia biblioteca. Ma non puoi dirmelo tu stessa?
- Io scrivo d’amore, delle donne, dell’anima, e anche dei libri stessi, soprattutto dei poeti.
- Ci credo, allora, che non sei affermata! Dalle notizie che mi arrivano dai miei canali, oggi per diventare famosi ci vuole ben altro!
- Ci vuole prima di tutto un editore! Infatti, dopo incontrerò anche il dio degli editori. Tu naturalmente lo conoscerai benissimo: che tipo è?
- Io con quello non ho niente da spartire. Non ci parliamo da anni.
- E come mai, se non sono indiscreta?
- Perché, perché… non posso raccontarti tutto, diciamo che non sempre le nostre scelte concordano! E così, io ho miei gusti e lui i suoi!
- Allora mi consigli di non andare?
- Guarda, se proprio ci tieni, vai, ma, ti avviso. Se non sei imparentata con scrittori, giornalisti, registi, politici, sportivi, gente dello spettacolo, la vedo dura.
- Allora è inutile?
- Aspetta… magari, che ne so, hai una storia particolare, di droga, di mafia, di malattia, che ne so, hai avuto un grave incidente che ti ha cambiato la vita?
- No.
- Hai fatto viaggi straordinari, sei stata in carcere, hai ucciso qualcuno, hai avuto esperienze mistiche, aspetta, questa è facile, magari hai scritto ricette o diete?
- No.
- Hai avuto amanti famosi, fai sesso estremo, alternativo o quelle robe lì?
- No.
- Sei una conduttrice televisiva, hai parenti massoni, hai amici nell’alta finanza, nel web?
- No.
- Ma insomma! Come si dice: aiutati che dio t’aiuta! Ma, tu, non sei proprio nessuno!
- Ma dio degli scrittori, te l’ho detto che sono una scrittrice.
- Bella mia. Sei davvero messa male. Ma perché ti piace così tanto scrivere?
- Non perché mi dimentico del mondo o di me stessa ma, al contrario, perché scrivere mi fa sentire viva, umana, piena di sentimenti.
- E non ti basta solo vivere?
- No, non mi basta. La letteratura è un demone che m’insegue.
- Brava! Mi piaci, lo sai? Ne ho visti tanti passarmi davanti agli occhi, scrittori di tutte le taglie e per tutti i gusti, ma solo chi ci crede davvero alla fine ce la può fare.
- Quindi mi suggerisci di continuare a crederci?
- Crederci ogni giorno.
- Però non sai quanto è difficile. Nel mondo dove vivo io, ormai è una giungla: tutti a darti consigli su come scrivere un libro, su come pubblicarlo, su come partecipare a scuole di scrittura, a iscriverti a concorsi. Tutti scrivono di tutto.
- Ma guarda che tutti hanno sempre scritto di tutto. Prima il mondo era meno popolato, ma se pensi all’umanità che abbiamo adesso, stai tranquilla! Ognuno trova il libro che vuole leggere. Quindi deve esserci qualcuno che lo scrive.
- Allora anch’io troverò i miei lettori?
- Ma tu li hai già, anche se pochi, ed è per loro che devi continuare a scrivere.
- Grazie, dio degli scrittori. Grazie.
- Grazie! Io non ho fatto nulla. Sei tu che puoi fare tutto.
All’improvviso mi sono svegliata. Non c’era più la possibilità di visitare il dio degli editori, pur volendolo: non si torna mai nello stesso sogno, tranne casi rarissimi. Ma non era il mio. Forse avrei avuto questa possibilità un’altra notte, in un altro sogno? E così ho continuato a scrivere. E ti hanno pubblicato? No. Ma tu ci credi nel dio degli scrittori? No. Ma forse perché non credi nei sogni? No, solo perché negli anni sono diventata quasi atea. E in cosa credi? Credo nella bellezza e nell’immortalità della scrittura. E naturalmente in lei, ma è una donna. Per solidarietà femminile? Può darsi: lei è l’ultima. La Speranza.
ennebi
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