Era solo ieri, o almeno così mi sembrava, che attraversavo di corsa Via Roma, dopo essermi precipitata giù per la “scalilla” e arrivavo lì, davanti alla scuola. Il muretto sopra le poste, noi, i pochi del classico, protagonisti inconsapevoli di anni rumorosi, intensi, intrisi di conquiste e di emozioni irripetibili. Anni Settanta, anni importanti, pervasi da una contestazione inesplosa, da una ribellione sopita, intendo per noi. Eppure eravamo lì e non ce ne siamo neanche accorti. Ci bastava scendere in “villa” e fare su e giù dietro uno sguardo. Quando sono arrivati i decreti delegati ci siamo guardati in faccia e rimboccati le maniche. Usavamo il telefono ancora attaccato alla parete che per fare un numero si impiegava un’eternità, però riuscivamo a trovare le parole per comunicare i nostri pensieri, e non immaginavamo che un giorno si sarebbe potuto navigare senza entrare in acqua. I mostri che ci minacciavano hanno invaso il nostro tempo, che non riesce più a contenerli: droghe e strumenti di ogni genere, malattie e violenze di ogni tipo. Ci sembrava di non avere mezzi e avevamo tutto per essere felici. Oggi che il cielo non è più blu e le canzoni non bastano per far crescere un amore. Oggi che si nasce già con la sindrome dell’abbandono e per punire i genitori si mangia troppo o non si mangia affatto.
La scuola può avere palestre e laboratori ma i banchi sono sempre più stretti e le parole dei prof volano leggere seguendo la pesantezza dell’essere. Che cosa può veramente fare presa su chi ha già addosso la stanchezza di una umanità che continua ad inseguire il senso di una vita, che pare abbia già detto l’ultima parola, anche sulla vita stessa? Se fossimo ancora indietro nel tempo, basterebbe una passeggiata o una partita a biliardino per ritrovare il sorriso ma oggi i costi della presunta felicità sono decisamente alti. Oggi non si sa cosa manca, perché in questo vuoto, che nessuno vuole attraversare, c’è il pieno di una voragine che sta dietro la nostra porta, o dentro il cuore di chi non abbiamo la voglia o la forza o il coraggio di accogliere e di aiutare a camminare. Cosa non c’è più? Me lo chiedo anche quest’anno, alla vigilia di un nuovo anno scolastico, dopo la pausa dell’estate che ci rende pigri o nottambuli e che complica la ripresa delle nostre attività. Mi riferisco a tutti quelli che operano nella scuola: quali i buoni propositi? A cominciare dai piani superiori, quelli del Ministero, che sembrano volatili e poco realistici fino ai banchi dei nostri alunni. Solite rogne: ritardi entrate, divieti di fumo, pulizie dell’istituto, cellulare si o no? E allora? Si potrebbe cercare cosa non c’è più dentro di noi, perché purtroppo si può risultare assenti pur essendoci fisicamente. Buon inizio a tutti!
ennebi
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