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RACCONTI & CO / 14 Lettere alle eroine: Casa di bambola

Aeroporto di Oslo, Momento giusto della vita

 

Ti scrivo mentre aspetto l’aereo che mi porterà in tournée per un mese e fra un mese esatto verrò a prendere i bambini, come stabilito dal giudice. Non voglio sentire altro, Torvald, nemmeno la tua voce: per questo motivo non ti telefono. La stai facendo grossa, sempre più grossa, Torvald. Pensaci. Una denuncia per stalking non ti gioverebbe. Devi finirla con le tue telefonate nel cuore della notte, con i tuoi stupidi squilli, gli squallidi sms e wathsapp; con gli sciocchi appostamenti.

Possibile che tu non voglia capire che fra noi due è finita? Fi-ni-ta!

Quando me ne sono andata via, sbattendo la porta, ho abbandonato per sempre il mondo che tu e mio padre avevate così abilmente costruito per me: la voliera d’oro nella quale la vostra lodoletta si muoveva per compiacervi.

Com’è difficile per una donna cercare di essere se stessa! Per voi uomini, al solito, è tutto facile, forse perché avete già il vostro eterno ruolo da impersonare. Ma per una come me, pensa un po’, la bambolina Nora, che lascia figli e marito in pieno dramma della borghesia… Figuriamoci!

In tutte le società che “si rispettino”, è più giusto salvare la facciata piuttosto che anche solo aspirare ad essere veramente felici. L’imperativo categorico è la morale ad ogni costo! Ma chi l’ha detto mai? Forse per questo nessuna società reale o immaginata, vissuta o raccontata l’ha mai dimostrato. Perché è un falso mito, uno squallido misero stereotipo che vi divertite ad appiccicarci addosso. E basta! Basta!

Ho cercato di raccapezzarmi in me stessa, Torvald, e non è stato facile, ti assicuro, né meno indolore della partenza. Ma il viaggio ripaga della sofferenza, più ancora delle conquiste che sono pur sempre affascinanti.

Ho trovato Nora. Era lì, nascosta dietro le paure, dietro i sogni trascurati, le aspirazioni trasformate in ossessioni, dietro i pensieri diventati mostri. Divorata dai sensi di colpa, dal peso del mondo, dal peccato originale, dal desiderio di godere, di volare, di vivere: per trovarla ho lottato, ho urlato.  Ho pure fatto errori.  Ma non sono più tornata indietro. L’ho presa con me e me la tengo stretta. Guai a chi me la tocca! Benpensanti bigotti e moralisti della domenica, andate pure al diavolo!

Lo so che oggi molte donne vanno via di casa, ma non è la stessa cosa che è successa a me. Oggi è normale rifarsi una vita, allargare le famiglie, tradire e poi ricominciare subito con un altro. Nora no. Nora non aveva un altro, una speranza, una sicurezza, no! Nora aveva solo se stessa. Ha solo se stessa.

Torvald, io finalmente mi sento viva. Sono viva! La Nora capro espiatorio del genere umano, brava ragazza, moglie devota fino al sacrificio,  perfetta padrona di casa, madre affidabile, compagna gioiosa a comando, non esiste più! Fatevene una ragione, tu e tutto l’esercito di maschi padroni pronti con lo scudiscio della falsa coscienza.

Inutile aspettarla, non tornerà.

Senti la mia mancanza, Torvald? Non tornerò mai più, e non per punirti. Non tornerò, semplicemente. Devi solo continuare a fare la marionetta, l’irreprensibile, Torvald. Sei noioso, privo di fantasia e non hai senso dell’umorismo. Sei triste, monotono e insensibile. Sei pieno di te e non sai fare l’amore!  (Quando è stata l’ultima volta che abbiamo scopato?)

La mia tarantella ha avuto un successo che, forse, nemmeno tu avresti immaginato, e solo di questo devo ringraziarti, per avermi incoraggiato al ballo in maschera a esibirmi. Quell’uomo che mi guardava e che non conoscevi, che ti aveva tanto fatto ingelosire al punto da portarmi via di forza, non ci crederai, è il famoso impresario che ha cambiato la mia vita perché mi ha fatto scoprire la Nora artista!

Ciao, Torvald. La lodoletta è in volo. Non sono femminista, lo so bene: questa parola mi fa solo ridere. Sono una femmina, sono una donna. Sai cosa significa? Prova a comprenderlo, se mai ne sarai capace!

 Nora

 

 

 

 

 

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