Ho letto "Le parole per dirlo" quasi dieci anni fa: un romanzo che mi ha colpito perché è una storia vera. La vita di Marie Cardinal, come racconta coraggiosamente, è segnata per buona parte dal sangue mestruale; sua madre le confesserà di avere fatto di tutto per abortire, non appena si accorse di essere incinta di lei dopo essersi separata dal padre. Marie conserva così la memoria embrionale di quella decisione, di minaccia di morte che dal passato continua nel presente, fino a considerarsi succube di una Cosa, un’Angoscia, una Pazzia, frutto dell’auto-distruttività intanto maturata. Ma le vicende che Marie racconta, dalle sue angosce all’entrata, attraverso il vicolo, nello studio del piccolo dottore, al pianto liberatorio sulla tomba della madre, diventano azioni di amore e odio. Frutto di una libera decisione? La sua vita è stata una reazione di sopravvivenza o di libertà? Dopo l’odio di una vita intera, il perdono per la madre è frutto della necessità o del desiderio di trascenderla attraverso un atto di libertà che la fa entrare nell’amore? Ci insegnano che una certa libertà di scelta tra amore e odio, tra bene e male attraverso la religione, sia possibile per l’uomo solo ad un certo punto della vita: si parla, infatti, di età della ragione. Antonio Mercurio (fondatore della Cosmo-art e della Sophia analisi) ha rivoluzionato questo aspetto sostenendo l’esistenza della libertà come categoria mentale fin dalla vita intrauterina. Ma, anche tale libertà, è una reazione al dogmatismo o una libera scelta della verità? Difficile stabilirlo.
Il racconto è scorrevole, ma per l’intensità dei contenuti talvolta ho sentito il bisogno di fermarmi. Le mie reazioni esistenziali non sono paragonabili al dolore fisico della protagonista, tanto meno alla sua quasi Pazzia, ma ho inteso che in qualsiasi percorso di malessere e disagio l’idea guida sia una e una sola. L’annebbiamento, l’annullamento, l’angoscia di morte, che poi magari trovano vie più perverse di sfogo e realizzazione. Marie finirà rinchiusa, ma sa di poter uscire: vuole vivere. La sua decisione di amarsi è sovrumana; lavora, cura e accudisce i figli, e soprattutto decide di fare qualcosa per sé: l’analisi. L’esplorazione del suo inconscio abissale, dei suoi sogni e dei suoi incubi sono l’antidoto alla discesa nel nulla della Cosa che vorrebbe ingoiarla. La freddezza di sua madre, le stranezze di suo padre, l’assenza del marito, la pazienza del suo analista, il mondo della sua infanzia, adolescenza e età adulta. Marie riesce a tirare fuori dalla ”merda“ il fiore del suo essere donna. Scrive e guarisce, guarisce e scrive. Quanto è difficile, ma come è facile, alla fine, trovare le parole per dirlo. L’analisi, per chi la conosce, per chi l’ha fatta, non finisce mai. Continua a far parte di te? diventa uno stile di vita? Morale della favola: cercare sempre parole nuove, guai a fermarsi a quelle che conosciamo!
ennebi
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