Quando ho letto Una donna di Sibilla Aleramo non ero ancora in grado di capire la fatica del cambiamento e non avevo gli strumenti che poi mi hanno consentito di cogliere aspetti della sua vita in un’ottica diversa rispetto a quella tradizionale. Giudicare è sempre più semplice che comprendere - ma questa è un’altra storia. Il romanzo è un’autobiografia che ci conduce nel dolore della violenza subita sia fisicamente che con un matrimonio riparatore (di cosa?), anticipato da disagi familiari come il tentato suicidio della madre e una seconda vita del padre. Il cambiamento è la separazione da un uomo ignorante e dalla grettezza di un ambiente che, con tutti i suoi pregiudizi, non le impedisce (e meno male!) di coltivare il suo talento. Lasciare suo figlio (non le permettono di portarlo con sé) è il grande prezzo da pagare. Ma a volte è meglio abbandonare un figlio, e poi ritrovarlo, anche se trent'anni dopo, piuttosto che morire (anche lei tenta il suicidio). Una donna che, come Sibilla Aleramo, ha inseguito l’amore fa paura e tenerezza nello stesso tempo. Passionale e vulcanica, passa con disinvoltura da un letto ad un altro (che scandalo… è una donna, mica un uomo!), perlopiù di letterati, intellettuali, poeti. Fra molte, la più famosa, la folle (in tutti i sensi) relazione con Dino Campana. Il “lavatoio sessuale” della cultura italiana la definì Prezzolini. E dunque? Sibilla si sperimenta, ama anche le donne. Scrive convulsamente, partecipa alla politica italiana e anche qui fa uno dei suoi pastiches memorabili. Ricerca se stessa, la bambina e la donna. Ma non si trova. Quando muore Giovanni Cena, il suo pigmalione, lei non c’è, e i suoi amanti bambini si succedono a ripetizione. L’amore può diventare una condanna? anche per una che è considerata femminista a tutti gli effetti? La critica non le perdonerà mai la sua libertà ostentata, le ricorderà sempre che è solo una donna e non una vera scrittrice. Il fatto che venga menzionata raramente e che non figuri nel panorama letterario ufficiale testimonia chiaramente che questo perdono non è arrivato nemmeno dopo la sua morte, sebbene il suo capolavoro, una prima concreta denuncia della condizione femminile fra Ottocento e Novecento, sia sempre in ristampa. Se fosse stata un uomo? Non avrebbe avuto bisogno di ulteriori fatiche per dimostrare il proprio valore, ma soprattutto non avrebbe dovuto giustificare la sua disinvoltura sessuale. Non sarebbe diventata preda di se stessa lasciandosi divorare dalla libertà di essere libera.
ennebi
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