Ho già dedicato la Fabula rasa 26 alla fatica di Sibilla Aleramo/Rina Faccio ma, complici l'influenza, un documentario su Rai5 a lei dedicato e una recente lettura di un suo articolo, rieccomi qua .
L’articolo è Apologia dello Spirito Femminile, apparso per la prima volta nel 1911 su Il Marzocco e che l’autrice inserirà nella raccolta di saggi del 1920 Andando e stando. E proprio da questo scritto, a cominciare dal titolo, che emerge quanto e come alla nostra Sibilla stesse a cuore la voce delle donne nel dibattito critico del suo tempo.
L’autrice parte dai giudizi di due eminenti studiosi, Luciano Zuccoli e Giuseppe Antonio Borgese, i quali esprimevano pareri diversi ma, ahinoi, pur sempre negativi sulla produzione letteraria femminile, già etichettata ironicamente pericolo roseo.
Il primo riteneva che le donne, a causa della mancata esperienza di vita, fossero capaci soltanto di una produzione frivola, debole, sentimentalistica, e che questa avesse effetti dannosi non solo nell'ambito estetico ma anche in quello morale.
Il secondo, più benigno ma solo in apparenza, sosteneva che le donne percepissero in ritardo i grandi movimenti storici riprendendone tematiche letterarie ormai superate, dando così prova di un’ingenua fiducia in se stesse che, tuttavia, le salva dal manierismo, rendendole perfino… simpatiche!
Mentre la tesi dello Zuccoli è discutibile, quella del Borgese - è convinta l’Aleramo - rappresenta, cosa ancora più grave, la negazione di una profonda ragione ideale alla produzione femminile, considerata di scarso valore in quanto copiata da quella maschile. I termini della questione sulla letteratura di derivazione (maschile) sono mal posti, secondo lei. Le donne che scrivono - sostiene - invece di cercare in se stesse la propria personale visione della vita e le proprie leggi estetiche, scopiazzano gli uomini; dimenticano di essere diverse e che hanno un’impronta tutta speciale che può e deve legittimarle. Straordinariamente moderna, Sibilla supera il concetto di uguaglianza fra uomo e donna e propone quello, nuovo, della differenza sessuale. In poche parole la donna, ostacolata fino a ieri dalle condizioni della civiltà che l’uomo ha costruito da solo, si è accontentata dell’immagine mentale che l’uomo ha dato del mondo. Così invece di accordare alla vita e all'arte la profonda realtà del suo essere e portare nella vita e nell'arte la sua autentica anima, è entrata nell'azione come un misero inutile duplicato dell’uomo. E non parlo di femminismo… Parlo di ogni libera estrinsecazione dell’energia femminile.
L’autrice ricorda a proposito il brivido che l’ultimo grande poeta passato sulla terra, in senso profetico, Henrik Ibsen, ha dato alle donne nel preludio della loro ricerca futura: tragicamente autonome, come Nora che abbandona la sua casa di bambola. E, ancora, l’invito di Oscar Wilde ad una continua creazione dello spirito che armonizzando la totalità della persona - uomo e donna - può rinnovare l’universo intero.
Si rammarica, infine, che nessuna donna abbia compiuto questo miracolo perché nessuna di esse ha liberato la propria essenza e dunque una propria autentica forma di espressione. E - chiarisce la Aleramo - pur essendo il linguaggio uno, le modalità espressive sono diverse, seguono cioè il sesso; pertanto, se c’è una differenza di spirito ci sarà una differente forma di espressione, grazie alla quale lo spirito femminile giungerà a contatto con l’universale attraverso movenze e brividi sconosciuti alla poesia maschile.
Se la donna non avrà paura, se la donna non avrà fretta.
Sibilla Aleramo ignorava di essere, proprio lei, la donna capace di fare il miracolo. Dopo di lei, tutte lo abbiamo capito, o quasi. Siamo ormai nel 2020, ma su quel quasi molte di noi stanno ancora lavorando.
ennebi
Scrivi commento