Dopo averle un po' trascurate, ma solo per la prosa, torno alle mie poetesse. Oggi tocca all’anticonformista e sensuale Amalia Guglielminetti (1881-1941), autrice di vari scritti e raccolte poetiche.
Io non volli cantar, volli parlare e dire cose di me, di tante donne cui molti desideri urgon l’insonne cuor e lascian con labbra un poco amare.
Nell’intervallo che intercorre fra il 1907 e il 1909, cioè tra Le vergini folli e Le seduzioni, si accende e si consuma la storia d’amore con Guido Gozzano. Il fil rouge - le catene amorose - ci conduce alla sua conquista dell’indipendenza, della libertà.
Le vergini sono una galleria di anime sorelle che devono vedersela col Signore deciso a incatenarle. Signore, - io allor ti dissi, - un qualche bene per questa tua servitù mi devi […] Ma io le spalle per fuggir non volsi, il despota affrontai, vidi cerchiare di sue catene i miei febbrili polsi. E quando amor vuole imporre aspra catena si compiace affinar sua tirannia e su le ignare vittime balena un sottile sogghigno d’ironia.
Le seduzioni si aprono con Quella che va sola che ricorda Ciò che fu: antichi pianti, desideri, mali; ma poi guarisce e nella convalescenza è pronta a nuovi incanti, in attesa d’un qualche ben che sarà, che forse non sarà mai, fra due dubbi sospesa più ignara d’ogni male che la morse, per la nuova catena che la tenta ella disciolse quella in cui s’attorse. E - la libertà - nuova lusinga all'anima balena, l’attira con la sua dolce menzogna ov’è d’oro o di ferro la catena.
E così, dipinto Gozzano come l’ingannatore che fece bere, ad Amalia, a piccoli sorsi la menzogna […] Fu caro, un giorno, a quella che va sola sentirsi preso da una mano il cuor […] Era una mano ambigua […] mano bella di dolce ingannatore, si chiede: Chi è Guido? l'uom che amore flagellava invano, l’ignoto: io non so chi tu sia: so che una sera noi ci gettammo l’anima negli occhi con l’impeto di chi brama e non spera. Ma era un inganno: non eri tu, ma un altro era: il lontano. Un uomo d’ogni dono indegno. Da Guido, dunque, dopo l’amore deluso, doppi giochi, gelosie, incertezze, amarezze, schermaglie, menzogne, inquetudini, un insegnamento: …ma l’amore in schiavitù più non mi vuole, il despota gettò catena e sferza e m’addottrinai d’ilari parole.
E così ad Ada Negri, nel Commiato, Amalia può dire: Ada, quel male che ti fece male, quell’aspro ardir che mi temprò in acciaio il verso e l’aguzzò come un pugnale, s’acqueta, o vela d’un sorriso il guaio […] Ada, io non piango più. […] Le catene cambiai con due monili: pesano meno in qualche agile gara e adornan meglio i miei polsi sottili.
Le Lettere intime di Guido, giunte con un volto tormentato […] Balenan lampi nelle ciglia chine della lettrice, e quando un mal represso desìo irrompe in parole ebbre alla fine, ella ne freme come d’un amplesso, sono state il veicolo della loro storia d’amore originata dalla reciproca lettura delle rispettive opere (Le vergini folli – La via del rifugio).
Cortese Avvocato, ieri sera ho ritrovato fra le pagine del suo libro un poco di quella fraternità spirituale che la sua offerta mi rivela. Il rimpianto di ciò che fu, e l’ansia di ciò che non è ancora, e il sottile tormento del dubbio, e l’ebrezza folle del sogno, tutte le cose belle e perfide di cui noi poeti si vive e ci s’avvelena. Non ho ancora assaporato le squisitezze dell’arte, solo ho sfiorato l’essenza, l’anima della sua poesia: un’anima un poco amara, un poco inferma. Spero che la sua fraternità non sarà più tanto silenziosa, ch’essa vorrà esprimersi in modo più diretto. Cordialmente Amalia
E per eliminare subito in una lettera come questa i frasari di prammatica, Le giuro, cara Signorina, che non conosco nella letteratura muliebre italiana, presente e passata, opera di poesia paragonabile alla sua. La «degna ghirlanda» di sonetti che Ella ha saputo foggiare, Le dà il primissimo posto, non fra le donne (fra le donne Ella non ha competitrici: le donne non sanno scrivere) ma fra gli ingegni virili di più belle speranze. I suoi sonetti - tecnicamente euritmici, disinvolti nell’atteggiamento, nobilissimi nella rima ricca, stanno a pari con quelli di Belfonte (e sono superiori a quelli di Gaspara Stampa, che ne ha di scadentucci assai, povera Anassilla!).
Egregia Guglielminetti, può dirsi liberata da tutte le influenze di antichi e di moderni, come già disse il Mantovani.
Vi ero antipatico: non mi stupisco. Tutte le donne mi trovano così prima di conoscermi. (Non parliamo degli uomini: mi detestano e li detesto; non ho amici. E anche i miei amici più cari sono fra le donne). Tutte mi trovano così; ma poi mi vogliono bene. Mi vorrete bene anche Voi. E Voi? Credete di essermi molto simpatica Voi? Avete invece, agli occhi miei, delle qualità allontananti. Prima di tutto siete bella. E precisamente di quella bellezza che piace a me. Vi ho veduta poco, ma osservata molto: siete proprio bella (vi giuro che ho dispetto, quasi, di doverne così stupidamente convenire!).
Egregia Guglielminetti, quasi un vergiliato, e conduce il lettore attraverso i gironi di quell’inferno luminoso che si chiama verginità. Ella ha saputo innalzare nobilitare nella idealità primitiva quella figura oppressa, ambigua, derisa spesso, che ai nostri giorni prende il nome di Signorina. Signorina - che brutta parola! Degno prodotto del nostro tempo di evoluzione che anche della vergine ha fatto una creatura oppressa, non definita, come quel nome brutto: Signorina.
Ma chissà perché il “Suo Gozzano”, come lui si firmava, finirà per esaltare la sua, di Signorina, Felicita: Tu non fai versi. Tagli le camicie per tuo padre. Hai fatto la seconda classe, t’han detto che la terra è tonda ma tu non credi. E non mediti Nietzsche […] Mi piaci. Mi faresti più felice d’un’intellettuale gemebonda. Ogni riferimento è puramente… voluto!
Eccola Amalia Guglielminetti: equiparata a Saffo e a Gaspara Stampa, etichettata prima come carducciana poi dannunziana, esaltata e disprezzata dalla critica. Ma, dopo tutto ciò, ahimè, in qualsiasi storia della letteratura italiana io prenda in mano, liquidata in due righe come la poetessa con la quale il grande poeta Guido Gozzano ebbe una liaison.
Detestabili le donne che scrivono! Se scrivono male ci irritano.
Se scrivono bene ci umiliano.
ennebi
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