Selma Lagerlöf (1858-1940), impegnata fino alla fine della sua vita sul fronte dei diritti delle donne, è considerata da Marguerite Yourcenar la più grande scrittrice dell’Ottocento. Da maestra elementare a membro dell’Accademia svedese, visse liberamente il suo amore per la scrittrice Sophie Elkan e per la sua assistente Valborg Olander. Prima di morire riuscì a salvare dall’olocausto, senza conoscerla personalmente, la poetessa ebrea-tedesca Nelly Sachs che nel 1966 riceverà il premio Nobel per la Letteratura. Ma nel 1909 fu proprio lei, Selma Lagerlörf, la prima donna a ricevere quel premio con questa motivazione: "per l’elevato idealismo, la vivida immaginazione e la percezione spirituale che caratterizzano le sue opere".
Vissuta in luoghi segnati da vecchie leggende, fra laghi, boschi stregati e foreste innevate, è famosa, oltre che per La saga di Costa Berling, per il libro che ancora oggi viene considerato un classico di tutti i tempi per l’infanzia, Il viaggio meraviglioso di Nils Holgersson. Il panorama letterario nordico del suo tempo - in cui svetta fra gli altri August Strindberg - tende al realismo, ma Selma, che si è imbevuta di racconti della tradizione, non può che assecondare la sua fantasia - nata nell’atmosfera fiabesca della tenuta paterna di Märbacka - fino a renderla la sua arma vincente, il tratto distintivo della sua arte narrativa. Me ne ha dato conferma, in questi giorni di lettura, L’imperatore di Portugallia, romanzo del 1914, che celebra la nostalgia e i cui protagonisti sono Jan Andersen di Skrolycka e sua figlia Klara Fina Gulla. Può un padre innamorarsi a prima vista della figlia? Ciò accade a Jan che si sente il cuore battere e soprattutto capisce cosa gli era mancato per tutta la vita. Perché chi non sente battere il cuore nel dolore o nella gioia non può di certo essere considerato un vero essere umano. E, un giorno, mentre la bimbetta era fra le braccia del padre, il sole si aprì uno squarcio fra le nubi illuminandola. Jan capì e diede alla figlia tre nomi di quello che considerò il suo padrino, il sole - che in svedese è di genere femminile: Klara (Chiara), Fina (Bella), Gulleborg (d’oro).
Il colpo di fulmine durerà tutta la vita e porterà il vecchio contadino ad una dolce follia - cominciata con la partenza di Klara: la ragazzina vuole aiutare i genitori a riscattare la loro casetta messa in pericolo dal nuovo e cattivo capo di Falla. “Se solo mi lasciaste partire nel mondo!” disse. Era così bello da parte della ragazzina. Ma lui, come avrebbe potuto vivere, lui, se Klara Gulla se ne andava lontano? […]
Klara è un tenero bocconcino che il lupo commerciante di stoffe, a Stoccolma, avvierà al mestiere più antico del mondo. Manderà i soldi necessari per la casetta ma per quindici lunghi anni non si farà viva. Come può sopravvivere Jan di Skrolycka se non rifugiandosi nelle Askedalar, le valli della nostalgia? Diventerà uno che la sa più lunga di tutti, sulla nostalgia. Tutte le infamie sulla figlia che girano in paese non lo toccano. Greppa disse una parola così brutta sulla ragazzina di Skrolycka che Jan, suo padre, non la volle più ripetere, neppure nei suoi pensieri. Mette in atto il meccanismo di difesa che gli permette di aspettarla ogni giorno sul molo: Klara Gulla non può essere diventata… no! Lei è un’imperatrice, altro che! Quindi lui, suo padre, è diventato l’imperatore di Portugallia. La berretta e il bastone che riceve dalla padrona diventano i suoi tesori imperiali. Che importa se tutti lo deridono: quando lei tornerà con una corona d’oro sul capo con sette re, sette leoni e sessantasette condottieri, lo vedranno…!
Un giorno di autunno inoltrato la ragazzina torna con un’autovettura presa a nolo. Jan di Skrolycka non potè quindi accoglierla al pontile di Barg, dove l’aspettava ormai da quindici anni. E non ebbe neppure la fortuna di trovarsi in casa ad accoglierla al suo arrivo. Klara è tornata ma non è più luminosa - come nota la madre Katrinnna: C’era qualcosa di volgare e greve intorno alla sua bocca - e non accetta la pazzia dell’imperatore che le dedica la canzone imperiale; lui l’ha composta nel bosco con gli alberi ma la figlia inorridisce a sentirla: Sii benvenuta, tu Klara, tu Fina, tu splendida Gulleborg. L’imperiale genitore è così lieto nel cuore. Bum bum bum! Convince la madre a partire con lei per Malmö e - ormai ha una vita dignitosa - non può portarsi dietro un pazzo. Jan si butta in acqua mentre il battello parte e il suo corpo scompare. Adesso tocca a Klara aspettare che suo padre ritorni. E lui tornerà in tempo per essere seppellito insieme a Katrinna, sua moglie. Klara è triste ma è tornata ragazzina. Il pastore le dice che l’amore che ha ricevuto si è trasformato in benedizione. Klara Fina Gulleborg di Skrolycka che aveva avuto il nome dal sole stesso, era lì davanti alla tomba dei suoi genitori e splendeva come trasfigurata. […] Tutto era tornato come prima. Che lei e suo padre erano di nuovo una cosa sola. Ora che lo amava, non c’era più nulla da espiare.
Il miracolo si è compiuto solo nella fantasia? L’amore basterà a cancellare le nostre colpe di figli? Le favole - si sa - fanno bene ai bambini, ma - si sa? - soprattutto agli adulti. È quello che ci dice il volto sereno e soddisfatto di Selma Lagerlörf dalle banconote svedesi da venti corone.
ennebi
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