Ho preso in mano Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi già lo scorso anno. Se l’ho accantonato è perché è prevalsa in me la voglia di leggere/rileggere i libri dei quali parla, e - ora che ci ripenso - anche per la rabbia che ho sentito verso il regime dittatorial-teologico nel quale si svolge la storia narrata. Non che ignorassi la condizione delle donne in Iran, ma una cosa è sentirne al tg, un’altra è la testimonianza diretta di una donna costretta a subire, fra le altre scelleratezze, il divieto della lettura. Perché di questa violenza, di questa ferita aperta, parla la Nafisi, scrittrice e accademica iraniana diventata americana nel 2008. Nel 2015 è stata in Italia per un ciclo di conferenze, nel corso delle quali ha difeso il diritto all’immaginazione tanto nei regimi repressivi quanto negli stati democratici asserviti alla filosofia dell’utile, ma soprattutto il diritto alla lettura. Per dirla con le parole della protagonista de Il buio oltre la siepe, che la Nafisi ricorda: “Leggere non mi è mai piaciuto tanto finché non ho avuto paura di non poterlo più fare.”
Azar ci racconta la sua odissea. Nell’autunno del 1995, dopo aver dato le dimissioni del mio ultimo anno accademico, decisi di farmi un regalo e realizzare un sogno. Chiesi alle sette migliori studentesse che avevo di venire a casa mia il giovedì mattina per parlare di letteratura [...] per indicare il romanzo che meglio di ogni altro riflette la nostra vita nella Repubblica islamica dell’Iran non sceglierei Gli anni fulgenti di miss Brodie e nemmeno 1984, semmai Invito a una decapitazione di Nabokov oppure, meglio ancora Lolita. […] Il nostro seminario era un tentativo di sottrarsi per qualche ora la settimana allo sguardo del censore cieco. […] Come Lolita tentavamo di fuggire e di creare un nostro piccolo spazio di libertà. […] Forse l’unico modo per scoprire la verità era proprio quello che avevamo scelto: metterli a confronto servendoci della fantasia, e affermare così il nostro punto di vista, la nostra identità.
La Nafisi, attraverso Nabokov, Scott Fitzgerald, James, Austen e altri mostri sacri, spiega la letteratura a giovani esposti alla radicalizzazione islamica nel ventennio successivo alla rivoluzione di Khomeini, fra processi, proteste, punizioni, condanne e fanatismi vari. Gli eventi che si susseguirono quell’anno, tra l’autunno del 1979 e l’estate del 1980 cambiarono il corso della rivoluzione e della nostra vita. Si combatterono e si persero diverse battaglie, in particolare per i diritti delle donne, alle quali fin dall’inizio il governo aveva dichiarato guerra. Infatti le donne furono costrette a rimettere il velo, che, dal 1936, lo Scià Reza Pahlavi aveva abolito, per poi passare allo chador. L’Occidente diventava il Grande Satana da condannare allo stesso modo di Gatsby e il sogno americano. Un mattino all’improvviso e senza che nessuno se lo aspettasse scoppiò la guerra contro l’Iraq, il 23 settembre 1980, che durò fino al luglio del 1988. Se mi rivolsi ai libri fu perché erano l’unico rifugio che conoscevo. […] Eravamo assetati di bellezza. […] Strano ma vero, la guerra e la rivoluzione ci hanno rese più consapevoli soprattutto del matrimonio (in un paese nel quale gli uomini possono avere, oltre alle quattro mogli ufficiali, anche mogli temporanee!) il cui nocciolo è la questione della libertà individuale, come Jane Austen aveva scoperto già due secoli prima.
Questo romanzo/saggio sulla letteratura e sulla lettura rivendica il diritto all’immaginazione in quanto diritto alla felicità. Ricordiamolo ai lettori pigri e a chi, purtroppo ancora oggi, dà tutto per scontato. Leggere e immaginare sconfiggono la violenza, di qualsiasi natura essa sia, e chiunque la eserciti.
ennebi
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