Due mondi - e io vengo dall'altro. / Dietro e dentro / le strade inzuppate / dietro e dentro / nebbia e lacerazione / oltre caos e ragione / porte minuscole e dure tende di cuoio, / mondo celato al mondo, / compenetrato nel mondo, / inenarrabilmente ignoto al mondo… / Due mondi - e io vengo dall'altro. / La soglia, qui, non è tra mondo e mondo né tra anima e corpo, / è il taglio vivente ed efficace / più affilato della duplice lama / che affonda / sino alla separazione dell'anima veemente dallo spirito delicato - finché il nocciolo ben spiccato ruoti dentro la polpa - e delle giunture degli ossi / e dei tendini delle midolla; / la lama che discerne del cuore / le tremende intenzioni / le rapinose esitazioni.
Da quale mondo provenisse Vittoria Guerini, figlia di un maestro di conservatorio, critica, traduttrice, consulente editoriale, forse possiamo solo immaginarlo. Stiamo parlando della poetessa Cristina Campo (1923-77) custode della scrittura delle donne tanto da progettare" Il libro delle settanta poetesse" , che però non venne mai pubblicato.
Autrice di epistolari famosi - Ora rivoglio bianche tutte le mie lettere / inaudito il mio nome, la mia grazia richiusa; / ch'io mi distenda sul quadrante dei giorni, / riconduca la vita a mezzanotte - dai quali scaturisce la profondità e la spiritualità della sua anima solitaria (visse piuttosto lontano dal mondo a causa di una malformazione cardiaca) come quelle indirizzate alla curatrice delle edizioni delle sue opere, Margherita Pieracci Harwell.
A volte dico: tentiamo d'esser gioiosi, / e mi appare discrezione la mia, / tanto scavata è ormai la deserta misura / cui fu promesso il grano […] È rimasta laggiù, calda, la vita, / l'aria colore dei miei occhi, il tempo / che bruciavano in fondo ad ogni vento / mani vive, cercandomi...
Chiusa è Cristina nel suo studio e oppressa dal macigno dell’insonnia - Ora non resta che vegliare sola / Ora non resta che vegliare sola col salmista, / coi vecchi di Colono; / il mento in mano alla tavola nuda / vegliare sola: come da bambina / col califfo e il visir per le vie di Bassora. / Non resta che protendere la mano / tutta quanta la notte; e divezzare / l'attesa dalla sua consolazione, / seno antico che non ha più latte - ; ossessionata dalle parole che limava, senza posa, fino alla perfezione - T’ho barattato, amore, con parole […] E tu, parola che tramutavi il sangue in lacrime.
Per la morte del padre e della madre, a sei mesi l'una dall'altra, scrisse: Ahi che la Tigre, la Tigre Assenza , / o amati, / ha tutto divorato / di questo volto rivolto / a voi! La bocca sola / pura / prega ancora / voi: di pregare ancora / perché la Tigre, / la Tigre Assenza, / o amati, / non divori la bocca / e la preghiera.
Fu amata da Mario Luzi e da Elemire Zolla (già marito della Spaziani), ma ignorata dalla critica, fatte rare eccezioni.
Tu, Assente che bisogna amare /... termine che ci sfuggi e che ci insegui / come ombra d'uccello sul sentiero: / io non ti voglio più cercare.
Influenzata dalla spiritualità di Simone Weill, pervenne a quella sacralità della poesia mistica e simbolica che contraddistingue l’ultima fase della sua vita, prima di morire a cinquantaquattro anni per l’ennesima crisi cardiaca, quella fatale: un passo d’addio nella strada tormentata dell’esistenza.
Devota come un ramo / curvato da molte nevi / allegra come falò / per colline d'oblio, / su acutissime lamine in bianca maglia di ortiche, / ti insegnerò, mia anima, / questo passo d'addio...
Moriremo lontani. Sarà molto / se poserò la guancia nel tuo palmo / a Capodanno; se nel mio la traccia / contemplerai di un'altra migrazione. / Dell'anima ben poco sappiamo. / Berrà forse dai bacini / delle concave notti senza passi, / poserà sotto aeree piantagioni / germinate dai sassi... / O signore e fratello! ma di noi / sopra una sola teca di cristallo / popoli studiosi scriveranno forse, tra mille inverni: / «nessun vincolo univa questi morti / nella necropoli deserta».
"Ha scritto poco, e le piacerebbe aver scritto meno" disse di se stessa. Ma la sua assenza, in questo mondo, resta grande.
ennebi
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