Quando si parla di spirito del Natale il pensiero corre veloce al grande Charles Dickens, ma pochi sanno che fu proprio lui il primo estimatore di una scrittrice ai più poco nota, considerata la sua adorata Sherazade e per questo invitata a pubblicare a puntate le sue storie sulla propria rivista Household Words. Stiamo parlando di Elisabeth Cleghorn Stevenson (1810-1865) poi Gaskell, dal cognome del marito che, dopo la morte del loro figlio, spronò, fortunatamente, la moglie a scrivere; la quale, fin da neonata, di morti ne aveva avute! la madre, la cugina (che voleva adottarla), il fratello, altre sorelle e altre figli.
La scrittura fa miracoli, già, è sempre stata terapeutica; come, altrimenti, sopravvivere se non facendo rivivere i propri cari nei tanti personaggi di romanzi, racconti, novelle gotiche, saggi, storie brevi? Madri e figlie, padri e fratelli, nobili e operai.
Trasferitasi dalla sua piccola cittadina di provincia nella fumosa e grigia Manchester, la Gaskell vide con i propri occhi le conseguenze della rivoluzione industriale sulla classe operaia, e sperimentò in prima persona lo scontro fra l’armonia della campagna con il dinamismo della città. Fra i problemi sociali del proprio tempo, in primo piano il conflitto tra capitale e lavoro e quello tra nord industriale e sud agricolo, risuoneranno in ogni sua pagina.
Amica non solo di Dickens, ma di Thackeray, John Ruskin e Harriet Beecher Stowe, si confrontò anche con George Eliot e soprattutto con Charlotte Brontë di cui scrisse la prima, famosa e discussa, biografia.
In un contesto storico come quello vittoriano, in cui si affacciano alla ribalta i movimenti per l’emancipazione della donna, Elisabeth riesce, in uno stile sorprendentemente moderno, a farsi strada su temi diversi, dipingendo un universo femminile variegato. Dalle nobili dame di Cronwford, uno spaccato di vita provinciale, lirico ma ironico, sulla solidarietà femminile nel quotidiano, alle fallen woman, umili fanciulle come Ruth, compromesse da cinici aristocratici: una vera e propria denuncia a difesa della parità di genere. Condannare il silenzio della società, le ipocrisie, il conformismo, è già un grande segno di emancipazione: che importa se la scrittura della nostra sia scaturita da un dolore personale e non da una consapevolezza originaria sulla condizione femminile? La sua opera si trasforma in analisi reale del mondo che la circonda perché frutto di uno scavo sempre più profondo. Ma soprattutto la sua visione diventa una prospettiva che va controcorrente. Nella conclusione di Mary Barton la Gaskell riprende i versi di Barry Cornwall: «Sii forte con noi, dolce Tempo. / Non abbiamo ali forti e orgogliose, / la nostra ambizione, la nostra gioia / sta nelle piccole cose; umili viaggiatori siamo / nel mare insondato della vita». Ma lei di coraggio ne ha avuto, eccome!
L’evoluzione dell’autrice è costellata da eroine, la protagonista di Mary Barton, primo romanzo uscito anonimo, e quella di Margaret Hale, che sarà poi intitolato Nord e Sud. Donne alle prese con scelte difficili nell’amore e nella vita, che hanno intuizioni felici dal punto di vista psicologico, in un’epoca in cui la psicologia è ancora in formazione ed il modello dilagante per tutte è il famigerato angel of the hearth, tanto caro alla regina Vittoria. Già, cosa c’era di meglio per una donna che riscaldare il focolare domestico? Scrivere, naturalmente!
Donna dalla fervida fantasia, l’autrice ha così miscelato, nella sua vasta produzione, racconti gotici da brivido con storie di intrecci familiari e gravi questioni sociali alimentate da tensioni e rivolte – confluite nelle grandi rivoluzioni economiche successive; il meglio, però, lo ha dato ne La vita di Charlotte Brontë, scritta su incarico del padre della sua amica, biografia nella quale la Gaskell riesce a tracciare un autentico ritratto dell'autrice di Jane Eyre, che suscitò molte polemiche.
Una vita inizialmente piena di perdite, dunque, quella della Gaskell, che fu poi ricompensata da nuovi affetti e da ampi successi. Sarebbe il caso di riscoprirla, oggi.
Tempesta e quiete a Natale è un suo breve, ma intenso racconto dal sapore, appunto, natalizio, con cui vorrei lasciarvi i miei auguri: non aspettiamo, si spera, come le famiglie rivali protagoniste, eventi spiacevoli come il malore di un bimbo per rinsavire e ritrovare la serenità a Natale, ma cerchiamo di coltivarla ogni giorno della nostra vita. Magari con un buon libro in mano.
Buon Natale a tutti!
ennebi
Scrivi commento