Sfuggita alla persecuzione nazista e riparata prima in Francia poi in Messico, Netty Reiling (1900-1983), non solo ebrea, ma anche comunista, riuscirà a tornare a Berlino dove vivrà in un paese da ricostruire vivendo tempi difficili. Il suo impegno politico (che di certo non l’ha aiutata - ancora oggi trovare le sue opere è impresa ardua) è testimoniato, fin dal ’28, ne La Rivolta dei pescatori di Santa Barbara, una denuncia di sfruttamento in puro stile realista marxista secondo i canoni della Nuova Oggettività. Adotta, fin da questo suo primo romanzo, lo pseudonimo di Anna Seghers (è il cognome di un incisore olandese del Seicento): di certo perché la sua penna incide, potente, in un resoconto, nudo e crudo, del fallimento di tutte le speranze dei miseri lavoratori, di cui scrive, costretti a una dura e dolorosa esistenza.
Ma, a parte la tematica politico-sociale che l’autrice privilegia, a proposito dell’appuntamento annuale di gennaio con la giornata della memoria – fiore all’occhiello dei ricordi autobiografici dell’autrice - è proprio la memoria che fa da protagonista in un racconto scritto invece con stile elegiaco. La gita delle ragazze morte fa parte degli scritti dell’esilio, dopo La settima croce, reso famoso dall'omonimo film con Spencer Tracy, e Transit, anche questo trasposto in versione cinematografica nel 2018 ne La donna dello scrittore, in cui l’immobilità apparente è già quella della memoria.
Anna ritorna ad essere Netty – nel viaggio onirico che ci fa vivere: Avevo alle spalle mesi di malattia che mi aveva raggiunto qui, anche se i diversi pericoli della guerra non avevano potuto niente contro di me.[…] Nessuno mi aveva più chiamata così dai tempi della scuola - la ragazza alla quale la signorina Sichel, l’insegnante giovane, dà un incarico: Mi disse con i suoi occhi grigi luminosi che, dato che mi piaceva viaggiare e mi piaceva scrivere i temi, per la prossima ora di tedesco avrei dovuto preparare una descrizione della gita scolastica.
E Netty, con le sue bionde trecce, nonostante la debolezza, vuole scoprire, arrivando in cima alla montagna, cosa c’è dietro il muro luminoso e accecante, e si lascia trasportare, portandoci con lei, in un passato fatto di volti e di voci che non ci sono più: le sue compagne, le sue insegnanti. Morte: o sotto le bombe o per suicidio, o nei campi di concentramento: dove morirà anche la madre che non riuscirà a salvare; cosa che le riuscirà col marito, il filosofo László Radványi. Pensai ancora debolmente: che peccato, mi sarebbe tanto piaciuto farmi abbracciare da mia madre.
Leni e Marianne, le amiche del cuore, sedute a cavalcioni sulle due estremità dell’altalena del tempo che ritorna, saranno segnate da un tragico destino. Marianne sposerà un nazista delle SS che arresterà Leni e suo marito e affiderà la loro bambina a un istituto di rieducazione tedesca. E Marianne non muoverà un dito per aiutarli. E poi Otto, Nora, Lore, la signorina Mees, l’insegnante più anziana, e tanti altri nomi cari, scomparsi. Eppure i volti sono illuminati dalla luce cangiante del ricordo, dall’amicizia, dall’affetto, dai sogni per il futuro, dalla speranza. La luce nasconde le sofferenze, le torture, le paure, gli orrori della guerra, la follia degli uomini.
La gita scolastica di una giornata sembrava avermi allontanato e insieme restituito ogni cosa. Allorché il vaporetto fece la sua manovra di attracco e bambini e sfaccendati si affollarono oziosi ad assistere al nostro arrivo, ci sembrò di essere tornate non dalla gita ma da un viaggio di anni. Nessuno squarcio, nessuna traccia di incendio erano visibili in questa brulicante città familiare, tutta angoli e viuzze, e così la mia inquietudine si placò e mi sentii a casa.
Visione poetica, onirica, la memoria dei dettagli, di pochi protagonisti, che diventa collettiva, di un intero paese. Per quanti saggi siano stati scritti sulla patria, la storia patria e l’amore per la patria, mai si è fatto cenno che proprio il nostro gruppo di ragazze appoggiate le une alle altre, mentre si risaliva la corrente alla luce radente del meriggio, faceva parte della patria. La memoria uccide, la memoria salva. Anche se solo nel sogno, si sa, il ritorno al passato è liberatorio, ma conoscendo già il futuro che si è realizzato colpisce ogni assenza di livore, di risentimento, di giudizio da parte della Seghers, o meglio di Netty Reiling, nei confronti della cattiva compagna, responsabile perché complice del male banale. Come se l’innocenza di quella fase luminosa della giovinezza fosse rimasta indelebile al pari dell’affetto.
La gita ha fermato il tempo che invece, inesorabile, ha spazzato via la vita di tanti, troppi. La memoria può assolvere, perdonare? Mi chiesi come avrei passato il tempo, oggi e domani, qui e lì, perché adesso ne sentivo lo scorrere incommensurabile, inafferrabile come l’aria.
ennebi
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Michela (domenica, 28 gennaio 2024 19:24)
Hai una penna molto, molto bella. La tua recensione incuriosisce...
spinge a voler aprire le opere della scrittrice per immergersi totalmente nella lettura e vivere quelle emozioni che tu hai sicuramente vissuto. Sentimenti che aprono il cuore e lo inteneriscono ...
Grazie�
Nuccia Benvenuto (mercoledì, 31 gennaio 2024 10:17)
Grazie a te, Michela. Buona lettura!