La scrittura di Grazia Livi (1930-2015), giornalista e scrittrice profonda, dimenticata dai più, mi ha fatto compagnia col suo stile intimistico e ricercato: insomma, d’altri tempi, raffinato, come piace a me. Uno stile che ti spinge verso il mistero della scrittura femminile.
Laureata in filologia romanza con Gianfranco Contini, ha collaborato con vari giornali, per dedicarsi poi alla narrativa. Fin da piccola aveva sentito la vocazione alla scrittura, del resto era nata in una famiglia fiorentina di intellettuali e docenti universitari: modelli di ispirazione, letture precoci a cui seguirono studi tenaci. Narrare è un destino? Sì, ho poi onorato quel sogno ingenuo che mi permetteva di salvarmi dai naufragi della sensibilità.
Saggista, nel 1991 ha vinto il Premio Viareggio con Le lettere del mio nome, un’autobiografia intellettuale nella quale si è confrontata con le maggiori figure femminili di spicco del Novecento.
La Livi ha scritto molti romanzi (uno perfino dedicato alla prima notte di nozze dei coniugi Tolstoj) fra cui L’approdo invisibile; una sorta di diario che non è una fuga, ma un viaggio che si fa crescita e, soprattutto, abbandono dei sogni ai quali si era consegnata totalmente. Andare, andare semplicemente. Sì, solamente questo. Andare come vivere. Grazia ritorna, donna emancipata, a Londra, città che ha molto amato e in cui ha vissuto tanti anni: ritrova vecchi amici, rivive i miti letterari che la città custodisce. Questo andare a ritroso nella sua giovinezza le fa prendere consapevolezza della maturità raggiunta. D’un tratto un forte sentimento di fiducia mi spinge a guardare al mio destino con distacco… Io ho scelto di essere libera. Cosa intendo per libera? Intendo “riedificare” la mia vita dall’interno… Ciò può voler dire solitudine? C’è una donna la cui esigenza è quella di creare una sintesi che valga la conoscenza e la solitudine: un approdo. Quella donna è Grazia Livi che ha imparato a conoscere gli uomini. “Si parla così bene con te!” “Sei così intelligente!” “Dai un tale senso di calma!” Predaci e insicuri erano venuti a consumare la comprensione per mezza giornata, per una notte. Né si sentivano in colpa perché considerandomi diversa, m’avevano messa fin all’inizio al di fuori della propria vita, come si fa con le madri. Ho sofferto a lungo di questo. Ma adesso mi sono adattata a questa momentanea necessità della storia, l’uomo non è più un mistero per me. Mai più intessere un sogno attorno al volto di un uomo. Non aggrapparsi. Solitudine vissuta unicamente come fase necessaria per individuare meglio gli obiettivi, per darsi maggiore consapevolezza e unità… Un destino diverso. Ma l’analisi diventa spietata: Ora vedo chiaramente che il lavoro-carriera per una donna non è la salvezza. È solo la chiave per una elaborazione più chiara di sé. È lo strumento che aiuta a sottrarsi a un destino informe, alla schiavitù di una ripetizione di compiti. Tutto qui. Ma sentirsi pari all’uomo non produce ancora la riposante dolcezza di un rapporto uguale, tutt’altro. La verità è che l’uomo teme tuttora la donna “emersa”, che deliberatamente gli si siede davanti e gli domanda perché. Quel perché lo sgomenta. Tutto ciò non vuol dire fare a meno dell’uomo, perché un vero essere-donna esiste, basta che invece di contrapporsi all’uomo lo fecondi e se ne lasci fecondare, basta che nella sua ampia circolarità ne contenga la presenza.
Che l’approdo possa diventare visibile non solo agli occhi, ma soprattutto al cuore. Poiché ogni vita scorre inevitabilmente fra sponde allo scoperto e fra approdi che, non svelandosi mai come tali, si celano persino al cuore che vuole e alla mente che prevede. Perché non esistono punti fermi. Tanto ogni creatura non è che un centro impercettibile e porta la sua àncora in sé.
Non dimentichiamo che una donna che sia donna non potrà mai separarsi dalle altre parti di sé. Ma, soprattutto, che la crescita significa liberare al massimo il proprio io, emanciparsi dalle idee ricevute. Così le disse Mrs. Sanders, la psicanalista che la invitava ad aspettare che il disegno del suo destino si rendesse visibile. Mi è tornata in mente la cicogna di Karen Blixen e ho materializzato per Grazia Livi il disegno di un’isola sulla quale, di certo, è approdata.
ennebi
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Filomena Presta (domenica, 15 dicembre 2024 16:40)
Una boccata di Libertà.