
Nel lievito letterario femminile del nostro Risorgimento ci si può imbattere in una scrittrice, Luigia Codemo (1828-98) che trasporta chi legge anche nel proprio passato. Tra Settecento e Ottocento, fra Venezia, Vicenza e Treviso, è vissuta in una famiglia di scrittrici e poetesse: la madre, Cornelia Sale Mocenigo Codemo (1792-1866), e la nonna, Fiorenza Vendramin Sale (1772-1797); per non parlare, poi, delle colte antenate: la bisnonna, Alba Corner (1751-1814), musa di Alfieri, amante di Pindemonte e dell’abate Bertola, e la trisavola, Fiorenza Ravagnin (1712-1796), già organizzatrice e agente culturale.
Partiamo dalla nonna. Fiorenza Vendramin, sposando il nobile Sale, salva la casata dal tracollo economico; dal matrimonio nascerà Cornelia, madre di Luigia. Il suo confidente e mentore, il poeta Francesco Testa, la spingerà a comporre sei egloghe e da lì in poi continuerà a scrivere sonetti, cantate, tragedie, venendo aggregata a varie Accademie. Durante un Carnevale a Venezia stringe una liaison con Altesti, un chiacchierato avventuriero che, guarda caso, è già l’amante di sua madre Alba Corner. Ma il grande amore si rivelerà il Lassalle, giovane e brillante generale francese, arrivato a Vicenza con le truppe napoleoniche. Tra i due nasce una relazione che sembrerebbe nascondere ben altro: secondo fonti francesi, il militare si sarebbe procurato informazioni segrete sulla guerra in corso. Marcel Dupont scrisse Il generale Lassalle (opera tradotta in italiano nel 1932) in cui la protagonista di una storia d’amore e di spionaggio è una certa marchesa de Solis, alias Fiorenza Vendramin, la dama per la quale l’allora capitano aveva perso la testa. Il nome di Fiorenza continua a essere cancellato: ma, forse, alla fine, quello che si tiene nascosto della sua vita è ciò che a una donna come lei non poteva essere perdonato: la mancanza di un erede maschio. Quello proprio no!
Dopo il crollo della Repubblica Serenissima, a Vicenza, Luigi Sale farà parte della Municipalità Democratica provvisoria, ma Fiorenza se ne terrà lontana, continuando a scandalizzare i benpensanti del tempo: va a cena perfino in un’osteria popolare! Così, lei stessa, scrive nelle sue Mémoires et confessions: Quelque fois pourtant la seule idée de faire une chose que tout le monde condamnerait, me donne une force et une adresse particulière pour y venir à bout. Si la loi, si la société, la morale, la défendent hautement, voilà un beau champ pour moi. Insomma, è a causa dei divieti che il suo animo prende slancio!
Quando l’esperienza della Municipalità Democratica si conclude, è corteggiata dal generale Belliard e dall’aiutante di campo del generale Monnier, Girard. Con lui, l’ultima della sua vita: muore improvvisamente a Vicenza il 29 dicembre. Ha solo venticinque anni. La vera ragione della morte è nota a tutti ed è rivelata da Francesco Testa ne La Lettre sur la vie de la malheureuse femme Florence Vendramin Sale: una buona dose di oppio.
Fiorenza dal cuore grande: O Donne amabili / Io tengo un core / Con tanti commodi / Da appigionar. / Questo Core è posto in faccia / All’amabile speranza / Addobbata n’è ogni Stanza / Dal rispetto, e dal desir. Difficile essere compreso, un cuore così, a quei tempi!
Cornelia, quando la madre si suicida, ha solo tre anni e non può ricordarla così come la descriverà la nipote Luigia, ispirata da una piccola miniatura conservata in famiglia: I capelli neri della marchesa Fiorenza, in magnifica copia di innumerevoli anella venian su in natura, sostenuti mollemente da una zona o benda celeste, secondo costumavano alla Tito. Un piccolo sciallo o fazzoletto da spalle, ingroppato per di dietro, dissimulava, senza alterarne la grazia, il corpicciolo svelto ed eretto, quale arbusto che si dilata in corimbo”. Ma la stessa Fiorenza lascia in una poesia il suo Autoritratto: Bella mai non fui, né sono / Ma degli occhi, e grandi, e bruni / Mi fu detto da taluni / Che son belli, e ’l deggio dir. […] Son di tinta alquanto bruna / Di capel ricciuto, e nero / Che non so per qual pensiero / Bianca polve mai coprì. […] Sciolta e svelta pur mi aggiro, / Al passeggio ognor m’affretto / Ed al ballo con diletto / M’abbandono, e con furor. […] Sul sistema delle cose / Virilmente ognor rifletto / E piacer provo, e diletto / Del mio libero pensar. / Ma tra femmine costretta / Nell’angusta, e breve sfera / Delle Donne alla maniera / So parlar, e so trattar.
Luigia Codemo attingerà all’intenso vissuto personale e letterario che le donne della sua famiglia (la trisavola, la bisnonna, la nonna Fiorenza in particolare, e infine la madre) le hanno lasciato come speciale eredità?
Lo scoprirete nella prossima pillola!
ennebi
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Mariagrazia (domenica, 13 aprile 2025)
Una storia di donne bellissima. Una grande tradizione matrilineare. Un grazie a te che stai sollevando dall’oblio tante donne che altrimenti rimarrebbero ignote. Un abbraccio
Mariolina Rocco (domenica, 13 aprile 2025 14:55)
Cara, Nuccia, le tue pillole sono un potente antidoto contro l'ignoranza ed il pressappochismo dei nostri tempi. La tua ricerca documentale ci sprona costantemente all'approfondimento ed alla conoscenza di personalità di straordinario interesse per la storia e la letteratura. Grazie.